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Ben-Essere

Ogni persona desidera il proprio benessere, ma cosa si intende con questo termine? Nella parola benessere c’è molto di più della semplice assenza di malattia. Basti considerare la definizione fornita dalla Organizzazione Mondiale per la Sanità – OMS (World Health Organization – WHO) nella sua costituzione a New York nel 1946: “Uno stato di completo ben-essere fisico, mentale e sociale, e non la mera assenza di malattia o infermità” (“A complete state of physical, mental and social well-being, and not merely the absence of disease or infirmity”). Una condizione di questo tipo coinvolge tutti gli aspetti individuali della persona: il suo corpo fisico, senza dubbio, ma anche il rapporto con sé stessi e con gli altri, la gestione delle aspirazioni e del proprio vissuto, e ogni ulteriore componente biochimico, emotivo, energetico e spirituale. Sono proprio questi i fattori che, se non correttamente gestiti, portano alla somatizzazione del disagio nella persona. Da questo punto di vista è la carenza di benessere che conduce alla malattia. E’ la carenza di benessere che conduce alla alienazione dell’atleta, alla sua perdita di motivazione, al suo divenire robotico ed insensibile, alla sua “ignoranza” come Essere Umano e Divino.

È necessario essere in grado di stabilire un rapporto terapeutico con tutte le differenti strutture costituenti la persona, in maniera perfettamente bilanciata e consentendo a ciascuna di esse di esprimere le informazioni in essa contenute in maniera rispettosa della ecologia della persona. Ciò può comportare una rivoluzione copernicana nel rapporto terapeutico con la persona, individuando quelle esigenze o difficoltà profonde, tipicamente ignorate a livello cosciente, da cui dipende l’effettivo benessere personale e dunque la propria salute.

Quanto detto fin ora è determinante nel rapporto terapeuta-paziente o coach-atleta. Quando si parla di malattia-benessere si parla anche di rovescio inefficace-rovescio efficace. Da un punto di vista tecnico, quanto detto, pone all’operatore-allenatore notevoli difficoltà (o possibilità). Si tratta infatti di manifestare una rilevante competenza in settori normalmente distinti, alcuni dei quali raramente esaminati, affinché un tendine, una volée o un chakra siano considerati con la stessa naturalezza da parte dell’operatore. Inoltre è necessario mantenere un equilibrio assoluto nel riferirsi ad essi, senza alcuna preferenza individuale per uno qualsiasi dei diversi aspetti tecnico, strategico, strutturale, nutrizionale, emotivo, mentale, energetico, spirituale. Una volta raggiunta tale padronanza e competenza, è necessario fare la cosa più difficile: dimenticarsi di sé e rimanere in silenzio interiore ad ascoltare l’altro, sublimando le proprie conoscenze e affinando tutti i propri sensi al completo servizio della persona; l’espressione del silenzio interiore, che tutto accoglie al suo interno.

Come ha scritto Lao Tsu nel suo Tao-Teh-Ching: “Chi parla non sa, chi sa tace” (Pensiero N° 56).

Scopo dell’approccio olistico è il riconoscimento delle esigenze fondamentali della persona (dell’atleta, del tennista, ecc.), che se trascurate a qualsiasi livello, compromettono lo stato di benessere e creano le premesse per la malattia (per la mancanza di motivazione, di gioia, di fiducia, ecc.). Si tratta di ascoltare, non di parlare; di osservare, non di agire. Tale approccio, ‘minimalista’ e per niente spettacolare nei confronti dell’atleta, mantiene in sé un’enorme capacità terapeutica (“vedere l’altro”), operando in maniera perfettamente armonica e sinergica con le risorse individuali della persona.

Lao Tsu scrive nel suo Tao-Teh-Ching: “Perché il saggio non viaggia, eppure sa; non guarda, eppure comprende; non fa, eppure compie” (Pensiero N° 47).

Paziente e Terapeuta, Atleta e Coach, non sono entità isolate, essi costituiscono un nuovo sistema, a cui ciascuno dei due fornisce il proprio contributo. Conoscerne le regole permette di ottimizzarne i risultati. La realtà, anche scientifica, è soggettiva e non oggettiva, e nell’ambito dell’insegnamento questo va sempre tenuto in fortissima considerazione; non esiste il diritto, ma esiste il diritto di Marco, Paolo, Alessandra, ecc. L’approccio Olistico dà il giusto senso alla parola “terapeuta” nella sua accezione etimologica originaria, quale “servizio” nei confronti della persona (tale parola deriva infatti direttamente dal termine greco ‘therapéia’, con il significato di ‘servizio’). Il Coach offre una terapia ovvero un servizio all’atleta. Il Coach non impone regole o tecniche bensì offre un rimando, una risposta, una proposta in base alle esigenze articolate e complesse sottilmente espresse dall’atleta. Il loro riconoscimento e soddisfacimento, grazie a tale affinata capacità di comunicazione terapeutica, costituisce infatti un aspetto centrale della disciplina olistica.

Ci vuole moltissima umiltà e lavoro su di sè nell’ascoltare ed incontrare, in un luogo di silenzio interiore, le spesso sorprendenti esigenze recondite dell’atleta. Ciò può infatti comportare l’utilizzo, invece di complessi protocolli appresi con fatica dopo molti anni di studio, di qualcosa di apparentemente banale e niente affatto “tecnico”, ma assai più rispondente in quel momento alle specifiche esigenze dell’individuo. In tutte le arti e le scienze la capacità e l’esperienza conducono alla semplicità, all’essenziale, che si traduce nella massima efficienza. Lo scopo consiste nell’effettuare con l’atleta la cosa giusta al momento giusto, basandosi sul riconoscimento delle sue esigenze effettive. Ciò rappresenta un vertice di eccellenza tecnica che si manifesta nei confronti dell’atleta con una disarmante semplicità; c’è differenza tra lo stare in silenzio perché non si sa e lo scegliere di stare in silenzio pur sapendo, ma aspettando che l’altro lo scopra dentro di sé!

L’Occidente e l’Oriente si uniscono grazie alla Fisica Quantistica, che evidenzia l’impossibilità di una valutazione “oggettiva”, e come l’osservatore, o in questo caso il coach, non possa evitare di interagire con il paziente dando forma ad un nuovo sistema composito che nasce dall’unione dei due. Dall’altra parte con l’Olismo  scopriamo l’unione di ogni cosa con il tutto, ovvero come nulla esista di isolato; concetto questo centrale in gran parte della cultura orientale.

 

Bibliografia: www.interazioneolistica.org

 

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